giovedì 3 marzo 2016

L'ARTE poetica


                                                    
  La poesia si differenzia in maniera netta dalla prosa, in quanto è composta non solo da versi, ma anche da  un linguaggio che è completamente diverso da quello parlato. Molti celebri autori del passato hanno stupito con uno stile e un modo di scrivere che dal punto di vista grammaticale potrebbe essere ritenuto errato o quantomeno bizzarro.
 Dal momento che la poesia si discosta in parte dalle regole della scrittura tradizionale, molti sono convinti che sia sufficiente andare a capo ogni tanto per comporre poesie. Nulla di più sbagliato!
  Ma fino a che punto è possibile spaziare nel linguaggio? Esiste un confine da non valicare?
Fortunatamente, nella poesia troviamo regole ben precise che ci aiutano a capire come muoverci. La prima cosa da tenere in considerazione è che la grammatica italiana è comunque sacra.
 Si possono utilizzare elisioni, anafore, sinestesie e molte altre figure retoriche o schemi tipici della poesia, ma le regole di base della nostra lingua restano valide. Esistono però delle regole di metrica che vanno studiate e che richiedono esercizio costante. Da qui la necessità di uscire dallo schema mentale che vorrebbe la poesia come una sorta di “pennello a mano libera” che crea parole e versi solo con l’istinto e senza alcuna elaborazione mentale.
 Molte persone snobbano la poesia e la relegano a una sorta di anticamera della scrittura. Altri la definiscono infantile a prescindere dall’autore. Questo perché, a loro modo di vedere, la poesia è troppo istintiva e breve per poter produrre una trama o per raccontare qualcosa che rimanga nel cuore di chi legge.
 Anche in questo non c’è nulla di vero.
Prima di tutto, la necessità di condensare in poco spazio emozioni e riflessioni obbliga il poeta a un profondo lavoro non solo di sintesi ma anche di stile. Non bisogna dimenticare che la poesia è anche musica.  L’efficacia di ogni singolo verso è determinato in parte dai suoni delle parole che lo compongono e dall’impatto e potenza che emanano. Come un compositore, il poeta assembla parole, rime e singole sillabe nel tentativo di produrre una melodia unica e capace di regalare emozioni e riflessioni, senza perdere l’efficacia del messaggio che si vuole trasmettere. Vi sembra una cosa infantile o da poco?
 Chiaramente, sono pochi i poeti capaci di ottenere un simile risultato e molto dipende anche dal carattere di chi scrive. Un poeta è prima di tutto una persona sensibile e capace di catturare “frammenti di realtà”, guardando anche oltre il materiale. Da qui si deduce che non ci si inventa poeti e non si diventa tali svegliandosi al mattino pensando “voglio fare il poeta”.
 Occorrono quindi una sensibilità innata e una proprietà di linguaggio molto alta per iniziare a comporre qualche verso. Se mancano questi due elementi, è preferibile dedicarsi ad altre passioni.
 Esiste poi un terzo requisito, forse il più importante: non si deve scrivere per diventare famosi o per pubblicare tonnellate di libri. Come detto, l’umiltà non deve mancare, ma anche la passione per la poesia è indispensabile. Come un pittore deve amare i colori per dipingere bei quadri, allo stesso modo un poeta deve amare i versi e tutto ciò che ruota intorno alla poesia per regalare emozioni.
 Se non si ama sperimentare e studiare duramente tutte le combinazioni stilistiche possibili, se non si prova piacere nel demolire e riscrivere una poesia per migliorarla, non si potrà mai essere poeti. Se a ogni critica o rifiuto si puntano i piedi e ci si offende perché il nostro genio letterario è stato offeso, allora non abbiamo bisogno di pubblicare libri, ma di essere sempre approvati e acclamati (e questo denota un problema personale).
 Il poeta scrive per necessità, perché la poesia più di ogni altra forma di scrittura esalta l’espressione e l’introspezione. C’è poi un desiderio impellente di esprimersi e diffondere un messaggio in maniera potente e vibrante e non solamente scrivendo “oggi ho pensato questo…”.
La possibilità di avere successo, dunque, dovrebbe passare in secondo piano rispetto all’amore per la scrittura e le pubblicazioni facili andrebbero evitate.
 La pubblicazione non deve mai essere lo scopo del poeta e non va mai considerata come un passaggio indispensabile, perché si può essere poeti nell’animo anche senza pubblicare nulla.

“Meglio scrivere per se stessi, e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi.”
          Michael Connelly

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