Il nuovo libro di
Maria Rosa Cugudda, “
Anima di corallo“,
è dedicato al suo indimenticato sposo Luciano, alla Terra che la
ospita (il Piemonte e Biella in particolare) e alla sua Isola (la
Sardegna).
Di seguito, la prefazione a questa raccolta di poesie.
S’intitola “Anima di corallo” l’ultimo gioiello letterario della
poetessa Maria Rosa Cugudda. Anche stavolta, come sempre accaduto
finora, la lirica s’intreccia alla pittura, le emozioni in parole
prendono colore per assumere le forme di un’immagine, di un quadro, e
sempre ritrovando affinità di sensazioni con l’artista siciliano,
residente a Biella, Giuseppe Ioppolo. Pure questo lavoro, infatti,
attinge e allo stesso tempo si fa modello di un’inestricabile sintesi di
poesia e arte pittorica.
Ogni lirica prende forma, i versi abbondano di dettagli che sono gli
stessi che ritroveremmo in un quadro, nella rappresentazione del reale
che è in verità espressione diretta di emozioni, di sogni, di desideri.
Una nostalgia di fondo penetra tutta la raccolta, l’anelito verso
qualcosa da cui si è deciso di allontanarsi in passato e il bisogno
profondo di un amore ormai non più terreno, anche se forte è la
consapevolezza della sua eternità. È proprio una grande passione,
un’inconsolabile tensione verso ciò che non è più e che finora aveva
rappresentato una ragione di vita che detta ogni singola poesia. Emerge
un sentimento che travalica l’opera e che non si arrende neanche di
fronte alla morte. Viene fuori l’emblema di ciò che dovrebbe essere
quell’unione che lega uomo e donna, marito e moglie per sempre, che li
fa singola entità in un continuo donarsi e perdonarsi, in una danza di
gioie e dolori che è vita. In questa esistenza per la poetessa e il
marito la musica si è fermata, vive una pausa che aspetta di riprendere
un giorno, quando entrambi avranno lasciato questa Terra per continuare a
danzare abbracciati per l’eternità. Difficile oggi trovare tanta
affinità. Così la poesia si fa anche monito per tutti coloro che non
apprezzano la bellezza del vivere insieme, del consumarsi ogni giorno
mano nella mano, un canto d’amore che parte da ricordi struggenti e allo
stesso momento unica consolazione per la quotidianità. Una scrittura
che si fa punto fermo, roccia cui ancorarsi nell’attesa di un nuovo
incontro.
Accanto alla spinta dettata da un profondo dolore per la perdita del
proprio compagno, attraversa tutta la raccolta una nenia rivolta
all’adorata terra natìa. L’attaccamento alla Sardegna con i suoi
paesaggi e i suoi panorami, l’apprezzamento per la natura che si fa
passione, fonte di vita e di legami indissolubili, dettano numerosi
componimenti. Ognuno di essi costituisce un grido sussurrato, un appello
accorato a chi, sensibile come l’animo di Maria Rosa Cugudda, è capace
di coglierlo, imprimerlo dentro di sé ed esprimerlo attraverso l’arte. È
forse questa la grande qualità che la poetessa ritrova nell’artista
Ioppolo, quella “corrispondenza d’amorosi sensi” che unisce gli amanti
delle arti e della cultura in generale.
Anche stavolta l’Autrice coinvolgerà i propri lettori in un canto
affascinante e malinconico quasi, ma sempre ancorato alla certezza che
fuori la natura è vita, è amore, è bellezza. Ed è proprio la presa
diretta degli avvenimenti, delle emozioni, dei sentimenti consentita
dalla poesia a dar forza e vigore a quell’Anima di corallo tanto
delicata quanto preziosa nel suo aggrapparsi all’esistenza e nel suo
intento di offrire al lettore un messaggio profondo, esattamente il
messaggio di un’anima che, nel buio dell’esistenza, non ha nessuna
intenzione di abbandonare la bellezza della vita.
Casa Editrice Kimerik
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Se poesia è canto dell’anima, distillato di sentimenti, essenza di
valori, allora scorrendo questo saggio il lettore si può abbeverare di
‘vera’ poesia. Perché qui Maria Rosa Cugudda dimostra di saper cogliere
dalla vita attimi universali e ce li rende in versi liberi, ma
incatenati all’esperienza non sempre lieta del vivere.
Nelle pagine si alternano visioni d’incanto, una natura trionfante e
apportatrice di gioia, a spazi grigi, disperati, solitari. Mari azzurri,
bagliori di luce, estati infuocate, germogli di spighe, profumi di
paglia, mattine di fiori profumate, lasciano spazio a istanti permeati
da profumo di tristezza, da pianto, da solitudine. Geme l’animo
dell’autrice, ma “in voi parole inutili vane – fredde vuote – ritrovo
conforto – alla mia disperazione – e vi chiamo a lenimento – del mio
dolore”.
Eppure c’è fame di vita quando, nella sua missione di educatrice,
sospinge un ragazzo lontano dalla droga mortale; quando guarda alla
morte dei cari, rievocati non in spoglie mortali ma come creature sempre
vive; anche quando arriva l’autunno del cuore, e si è travolti
dall’uragano che sconvolge la quotidianità mai abbastanza valutata, ma
evocata con profondità dall’anima straziata.
Su tutto brilla l’Amore per lo sposo che non c’è più. Era ‘il Medico
degli umili’, e aveva intrecciato la sua vita all’esistenza della
poetessa. Per sempre. In un sentimento che travalica le soglie incerte
della vita. E si trasforma in sentire universale, in canto soave: “Con
te amor mio sempre – anche se non ti vedo – dall’alba rosata – al
cobalto tramonto. – Nel tuo essere invisibile – nella tua mente nella
tua anima – vita mi regali ed io – in te continuare ad esistere vorrei”.
Per Maria Rosa “La morte sì – annulla ma la carne – esalta invece lo
spirito – che inonda e travolge – luoghi e cuori – che ti conobbero”.
La poesia nata nell’incontro con Luciano diventa “mio canto di te si
nutre – che mi ami – e immensamente – anch’io ti amo”.
Altre figure si affacciano nei versi: indimenticabile la figura
ieratica della madre, un affetto infinito come quello che lega Maria
Rosa alla terra natìa: “Calde le mani tendevi – a chi con filo di dolore
il cuore aveva cucito”. Altrettanto densa di affetto fraterno
l’immagine di Grazia: “Cerca la pace abito nella luce – dove tutto è
gioia e Grazia senza fine”.
Poesia dopo poesia, tante sono ancora le gioie e altrettanti i
dolori, le sofferenze che incidono graffiando le pagine di un’anima che
porta il colore del corallo: “Nel ripostiglio – ormai in disuso chiudo
il mio spirito”.
Infine ‘il cuore tace’ e lascia spazio a parole scritte nelle
emozioni: “Libertà sento – anche di mostrarmi piccola debole e fragile –
da quando Lui – con lo sguardo più non mi abbaglia – e nel suo vezzo
più non mi perdo”.
Mariella Debernardi
giornalista e docente